La tecnica del collage e il lavoro autobiografico

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Il collage e le sue risorse terapeutiche

La parola collage viene dal francese e significa letteralmente incollare.
Oggi si definisce con questo termine qualsiasi manufatto realizzato incollando su una superficie piana uno strato realizzato attaccando insieme elementi, anche diversi, come carta di giornale, carta da parati, illustrazioni o stoffa.
Come tecnica artistica vera e propria il collage nasce all’inizio del novecento e fin dagli anni ’30 aveva interessato parecchi artisti, per la liberta’ espressiva che offriva attraverso l’uso di materiali insoliti e inusuali.

Il collage rappresenta un significativo momento dell’arte, poiche’, dopo l’esasperato sperimentalismo dell’Espressionismo, denuncia il desiderio di un recupero della materialita’, l’aspirazione a restituire all’arte una sua connotazione anche fisica; si pensa insomma di recuperare un vero e proprio corpo a corpo con la materia dell’arte nei suoi aspetti piu’ disparati, con un richiamo e un aggancio alla realta’ oggettuale, alla sua concretezza, ai suoi materiali.

 

In Arte Terapia il lavoro con il collage si inserisce nell’area piu’ ampia che utilizza i mediatori visivi (il disegno e la fotografia) come strumenti per la conoscenza di se’, l’espressione e la consapevolezza delle proprie emozioni. I motivi che spinsero gli artisti del novecento a interessarsi al collage, possono dirsi in parte gli stessi che fanno della tecnica del collage una risorsa in Arte Terapia: infatti, l’uso di materiale concreto da modificare manualmente e la relativa facilita’ delle operazioni di realizzazione (scelta, taglio, composizione e incollaggio), rende questa tecnica adatta trasversalmente a più tipologie di persone e di contesti.

La composizione di un’opera di collage e’ da una parte abbastanza facile da essere realizzabile da tutti, dall’altra il suo contenuto si rivela cosi’ ricco e suggestivo che permette di lavorare a fondo sui processi emotivi e percettivi dell’autore. D’altro canto l’Arte in se’ non e’ un processo necessariamente terapeutico, ma e’ semplicemente una modalita’ di esistere dell’uomo che risponde a tre regole fondamentali: comunica, risponde a regole estetiche, ripresenta temi universalmente condivisi.

Gli aspetti fantastici che emergono nel lavoro artistico nell’ambito della relazione d’aiuto, hanno un significato solo soggettivo ed espressivo, per evocare una comunicazione attraverso l’emozione, che dalle immagini puo’ trasparire per essere letta da chi ne ha interesse esclusivamente nell’ambito della relazione terapeutica.

L’uso del collage, cosi’ come degli altri mediatori artistici, e’ un trattamento d’elezione quando la patologia compromette la comunicazione verbale o le capacita’ d’introspezione.
Il suo valore puo’ pero’ essere esteso in parallelo al trattamento psicoterapico tradizionale che poggia sulla parola e sull’introspezione, dove all’espressione non verbale si fa seguire un setting verbale destinato all’elaborazione dei contenuti, che sono stati espressi nel prodotto (siano esse maschere, musica, canto, danza, personaggio o collage).

In generale, i prodotti in Arte Terapia possono quindi essere utilizzati per conoscere meglio chi li fa e chi li riceve, nel complesso intreccio di meccanismi di difesa ed espressione della relazione transferale che passa per l’agito, anziche’ per la parola, un agito che non e’ pero’ acting out, ma semplicemente comunicazione non verbale attraverso il sensibile.

 

 

 

Per le sue caratteristiche di semplicita’ il collage e’ quindi particolarmente indicato nel lavoro con i soggetti piu’ fragili:

gli anziani, con cui si puo’ per esempio sviluppare un lavoro legato alla memoria
persone con disabilita’ psicofisica
persone con disabilita’ specifiche come cecita’ (attraverso la scoperta tattile di materiale diverso) o difficolta’ di parola (utilizzando l’immagine come modo alternativo di comunicare o comunque per ampliare e arricchire il canale verbale)
immigrati
reclusi
– e ovviamente bambini e adulti in situazioni critiche.

L’aspetto piu’ interessante del collage non e’ tanto la precisione dei rilievi o la qualita’ estetica dei lavori, quanto il grande potere immaginativo ed evocativo che viene reso dalla scelta dei diversi materiali, dalla tipologia di immagini e dalla loro particolare e unica combinazione, specchio della personalita’ dell’autore.
A questo proposito, Rudolf Arnheim (L’immagine e le parole) sottolinea la continuità esistente tra percepire, rappresentare, pensare e fare arte: secondo l’autore, infatti, nelle forme artistiche si condensa un significato che è reso percettivamente proprio perchè l’artista (o comunque l’autore dell’opera in generale) non si limita a individuare e selezionare certe qualità del mondo sensibile, ma determina anche un ordine e una struttura in cui le forme entrano in precisi rapporti e creano una particolare dinamica espressiva.

Contrariamente alla teoria tradizionale, secondo cui la percezione visiva si limiterebbe a ricevere e registrare ciò che della stimolazione esterna arriva sulla retina, essa mostra invece di possedere notevoli capacita’ che vanno molto oltre la mera registrazione: anzitutto, la percezione organizza gli oggetti che vede e li sistema in una determinata relazione, in piu’, essa e’ finalizzata (cioè è diretta a cogliere le qualità degli oggetti che li rendono salienti per determinati scopi e in determinate circostanze). In ultimo, essa e’ selettiva (cioè è in grado di individuare i tratti essenziali degli oggetti rispetto al contesto in cui essi si trovano).

Tutto ciò ha certamente a che fare anche con la dinamica del lavoro con il collage, che si può considerare una metafora delle funzioni percettive relativamente alla selettività (scelta dell’immagine giusta tra tante) e al modo personale di riorganizzazione degli elementi (posizionamento e incollaggio).
Un altro concetto fondamentale sviluppato da Arnheim e particolarmente utile per la comprensione del lavoro con il collage, è quello di composizione che egli intende «come una disposizione di elementi visivi organizzati in una struttura in modo che la dinamica risultante rispecchi il significato della dichiarazione che l’artista vuole visualizzare sulla natura delle cose raffigurate».

Nel campo delle forme e dell’arte visiva, la composizione dipenderà dalla loro disposizione nello spazio, dalla sovrapposizione, dai colori, dall’inclinazione, ecc.
Tutte queste relazioni tra le forme si caricano di significato dinamico sottolineando i nessi strutturali tra gli elementi visivi che nel lavoro terapeutico potranno essere ripercorsi svelandone il significato profondo.
Ecco come un collage, con la sua particolare disposizione di frammenti che formano una nuova unità pregna di senso e specchio della personalità e della modalità percettiva dell’autore, può diventare un mezzo, per il terapeuta e il cliente, di lavorare sulle qualità affettive ed emotive dei bisogni messi in atto nel processo percettivo e artistico.

 

 

 

 

Il collage utilizzato come mediatore artistico terapeutico

Quindi e’ caratterizzato dal fatto che, pur restando invariata la procedura tecnica e artistica di realizzazione, sono i ritagli o inserti scelti e il loro modo di combinarli insieme ad avere un valore speciale, proprio perchè si tratta di immagini che riguardano da vicino, e che in qualche modo parlano, dell’autore o meglio del suo immaginario.
Il foglio bianco che prepara al collage diventa lo schermo su cui proiettare fantasmi, paure, ricordi, una sorta di filo d’Arianna che conduce attraverso il labirinto dell’inconscio.

Esso permette di mettere in scena la nostra fiaba interiore accedendo al nostro immaginario, lasciando tuttavia intatte le nostre difese.
Il collage può funzionare infatti come una potente maschera: attraverso un’immagine ci si può nascondere e permettere che essa parli in nostra vece.
Si può in qualche modo quindi delegare all’immagine la comunicazione di emozioni profonde senza mettersi in gioco in modo diretto, se non nel momento cruciale della sua scelta.
Compito del terapeuta sarà infatti facilitare un dialogo immaginario sia tra il cliente e il suo collage, sia tra i frammenti che lo compongono, lasciando che essi si esprimano, che parlino di loro, che facciano richieste l’un l’altro svelando conflitti e bisogni.

In questo senso il lavoro di improvvisazione dei dialoghi fatto dai frammenti del collage è simile a quello che si usa nell’area teatrale, in cui la maschera del personaggio instaura quella distanza dalla persona che la indossa, ovvero che gioca il ruolo di quel personaggio, tale da poterle permettere di esprimere parti di se’ celate e silenziose.
Inoltre dal punto di vista strettamente psicologico attraverso le varie fasi della costruzione del collage – scelta dell’immagine, destrutturazione (taglio o strappo della figura), ri-configurazione dello scenario (che fino all’incollaggio puo’ essere riposizionato all’infinito) – e’ possibile sperimentare, ri-creare, riorganizzare, ri-configurare all’infinito nuove e diverse ambientazioni come possibili metafore di stati emotivi e di situazioni di vita.
Silvia Adiutori – Psicologa, Psicoterapeuta, Arte Terapeuta.

Bibliografia:
Arnheim R., L’immagine e le parole, ed. Mimesis, Milano 2007
Rossi O., AA.VV., Le immagini autobiografiche: una via narrativa alla percezione di se’, INformazione Psicoterapia Counselling Fenomenologia, n. 4 novembre – dicembre 2004, pagg. 14-23, Roma

Fonte: www.psicologia-psicoterapia.it

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